Come si fa a misurare la resistenza delle tradizioni?
Si va dove più frequentemente ci sono stati cambiamenti sociali o calamità assortite, il genere di cose che interrompe la catena culturale di trasmissione necessaria a far sì che costumi e usi passino da una generazione all’altra.
Metti la Repubblica Ceca, per esempio: che nel secolo scorso è passata non solo attraverso due guerre mondiali, ma ha anche attraverso quarant’anni di regime comunista.
In particolare il villaggio di Lukavec, nella regione della Moravia-Slesia. Dove resiste la tradizione della Cavalcata di Pasqua, risalente al XVII secolo ma con radici affondate anche nei riti pagani della fertilità.
In questa occasione quindici cavalieri vestiti di nero su cavalli parati a festa attraversano il villaggio di casa in casa, e cantano un inno del XV secolo, ‘Risorto dai Morti’ accompagnati da una banda musicale.
Un cavaliere in costume tradizionale porta una croce, per celebrare l’arrivo della primavera e invocare la benedizione del raccolto e delle famiglie locali da parte di Cristo risorto: gli abitanti del paese, in cambio, offrono loro un piccolo rinfresco.
La Cavalcata di Pasqua è comunque tra gli usi di diversi paesi, in particolare di lingua tedesca.
“Ciascun paese ha le sue tradizioni: gli scozzesi portano il kilt e suonano la cornamusa, gli italiani mangiano gli spaghetti e i tedeschi bevono la birra. Nel mondo moderno le tradizioni tendono a scomparire perché le comunicazioni più facili danno vita a una specie di cultura comune che rischia di essere uniforme e un pochino noiosa“, Jean D’Ormesson.